Prostatectomia radicale robotica

La prostatectomia radicale robotica è una procedura chirurgica utilizzata come trattamento per il cancro alla prostata, che si è sviluppata con l’evoluzione delle tecnologie robotiche. Consiste nell’asportazione della prostata e delle vescicole seminali per garantire l’eliminazione completa del tumore e assicurare la radicalità oncologica.

1. Cos’è la prostatectomia radicale robotica?

La prostatectomia radicale robotica è una procedura chirurgica utilizzata come trattamento per il cancro alla prostata, che si è sviluppata con l’evoluzione delle tecnologie robotiche. Consiste nell’asportazione della prostata e delle vescicole seminali per garantire l’eliminazione completa del tumore e assicurare la radicalità oncologica. Questo intervento viene consigliato sia per i tumori confinati all’interno della prostata (tumore organo-confinato), sia per quelli che si estendono oltre la capsula prostatica (tumore localmente avanzato) o che sembrano coinvolgere i linfonodi regionali.

Anatomicamente, la prostata attraversa l’uretra, che è l’ultima parte del sistema urinario e permette l’emissione dell’urina dalla vescica. Per rimuovere completamente la prostata e le vescicole seminali, è necessario praticare un’incisione sopra la ghiandola, nel collo vescicale, e sotto di essa, a livello dell’uretra. Questo intervento comporta l’abbattimento delle strutture muscolo-fasciali che supportano l’uretra, responsabili della continenza urinaria, e la successiva ricostruzione del tratto urinario mediante sutura (anastomosi) tra la vescica e la parte di uretra residua.

Durante la dissezione della prostata, è fondamentale fare attenzione ai fasci neurovascolari, che percorrono la superficie postero-laterale della ghiandola e sono responsabili della funzione erettile. La decisione di preservare o rimuovere questi fasci dipende dalla strategia chirurgica scelta e dall’esperienza del chirurgo. Se si opta per la conservazione di queste strutture, la dissezione avverrà molto vicino alla capsula prostatica, separando delicatamente la prostata per conservare il massimo del tessuto funzionale (prostatectomia nerve-sparing). Questa tecnica è indicata nei casi di tumori a bassa aggressività, confinati all’interno della prostata e non esterni alla sua superficie (capsula).

Se, invece, il tumore si diffonde oltre la capsula o presenta caratteristiche particolarmente aggressive, la dissezione chirurgica deve essere più ampia per eliminare completamente il tumore, con conseguente asportazione dei fasci neurovascolari e possibili problemi di erezione. Al contrario, nei casi di prostatectomia nerve-sparing, le probabilità di recupero, almeno parziale, della funzione erettile sono significativamente più alte.

2. Cosa implica la prostatectomia radicale robotica?

Descritta per la prima volta nel 1904, oggi questa chirurgia viene realizzata in oltre l’80% dei casi attraverso il supporto di un robot, riducendo al minimo l’invasività, la durata del ricovero e l’impatto sul paziente. È importante sottolineare, tuttavia, che non è il robot a eseguire l’intervento, ma il chirurgo, che controlla i movimenti del robot tramite una console.

Durante la chirurgia robotica, il chirurgo è seduto davanti a una console con un monitor, dal quale controlla i bracci robotici equipaggiati con strumenti chirurgici tradizionali. La chirurgia robotica offre numerosi vantaggi rispetto alle tecniche convenzionali. Tra questi, la visione tridimensionale del campo operatorio, con un’immagine stabilizzata e ingrandita rispetto alla laparoscopia tradizionale. Inoltre, i bracci robotici consentono un’elevata precisione nei movimenti, permettendo manovre molto delicate, come la realizzazione delle suture, con una fine articolazione degli strumenti che facilita l’esecuzione di operazioni complesse.

In particolare, la chirurgia robotica è molto adatta alla prostatectomia radicale perché consente di operare con grande precisione nello spazio pelvico maschile, garantendo una visualizzazione tridimensionale e ingrandita del campo operatorio. I bracci robotici, con strumenti di dimensioni millimetriche, permettono di eseguire movimenti complessi e accurati in prossimità delle strutture da preservare, come i fasci neurovascolari, essenziali per la funzione erettile. Questo rende la tecnica particolarmente efficace per gli interventi di tipo nerve-sparing, che mirano a preservare tali strutture.

Tra i principali vantaggi dell’approccio robotico ci sono una minore perdita di sangue durante l’intervento e una riduzione della durata del ricovero ospedaliero. Inoltre, l’approccio robotico comporta anche una riduzione del rischio di complicanze post-operatorie globali, come infezioni, danni agli organi circostanti, e problemi relativi all’anastomosi vescico-uretrale, come la fuoriuscita di urina o la stenosi. Questo tipo di intervento, grazie alla sua precisione e minore invasività, migliora significativamente i risultati complessivi, riducendo il rischio di complicazioni e accelerando il recupero del paziente.

3. Quanto si esegue la linfoadenectomia iliaco-otturatoria?

Linfoadenectomia iliaco-otturatoria

La linfoadenectomia consiste nell’asportazione dei linfonodi loco-regionali, che sono le prime potenziali stazioni di diffusione della malattia oltre la prostata. La procedura ha la sola funzione di consentire un’accurata stadiazione della malattia, ovvero fotografare l’estensione della stessa per impostare un trattamento adiuvante la chirurgia in caso di linfonodi positivi. L’intervento viene indicata per pazienti a rischio elevato di malattia e per alcuni pazienti a rischio intermedio.

In questi ultimi, la decisione se eseguire o meno la linfoadenectomia è affidata ai nomogrammi, strumenti di calcolo che in base alle caratteristiche della malattia e del paziente forniscono un rischio di coinvolgimento linfonodale e pertanto indicano la necessita di procedere o meno all’asportazione dei linfonodi loco-regionali.

Presso il nostro centro, il rischio di invasione linfonodale viene calcolato attraverso i nomogrammi sviluppati presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center, USA.

Qualora il rischio superi il 5%, il chirurgo procede a linfoadenectomia radicale robotica contestuale.

Il ripristino funzionale dopo la prostatectomia radicale robotica: LA CONTINENZA

La nostra scuola diretta dal Prof. Bernardo Rocco ha da sempre tentato di migliorare il risultato funzionale della prostatectomia radicale, affinché incontinenza urinaria e deficit erettile non siano più associati in maniera inesorabile all’intervento per carcinoma prostatico. Tutto questo, sempre nel rispetto del principio della chirurgia oncologica, cioè la radicalità e la sicurezza della completa asportazione del tumore. 

Per quanto riguarda il ripristino della continenza urinaria, durante la fase ricostruttiva in sede di prostatectomia radicale applico la tecnica nota come “Punto di Rocco”, ovvero “ricostruzione posteriore del rabdomiosfintere”.  La porzione posteriore dell’apparato sfinterico rappresenta una sorta di “fulcro” per la contrazione della muscolatura deputata alla continenza urinaria. Questo distretto viene interrotto con l’asportazione della prostata, creando una debolezza dell’apparato fibro-muscolare. La ricostruzione del piano posteriore consiste nell’apposizione di punti di sutura che vanno a ripristinare questo distretto, fornendo solidità e ancoraggio alla contrazione della muscolatura che evita le perdite urinarie durante il riempimento della vescica.

Il “punto di Rocco” è stato applicato inizialmente alla chirurgia a cielo aperto (2006-2007), poi alla laparoscopia ed infine alla prostatectomia robotica. Numerosi studi hanno mostrato come questa tecnica migliori in particolar modo il ripristino della continenza urinaria precoce, cioè a 1 e 3 mesi dalla rimozione del catetere vescicale.

Una pubblicazione del 2017 di riassunto delle evidenze della letteratura scientifica ha mostrato come la ricostruzione posteriore sia il passaggio di tecnica chirurgica maggiormente associato al ripristino della continenza urinaria, sia precoce che nel lungo termine. Pelvic Floor Reconstruction After Radical Prostatectomy: A Systematic Review and Meta-analysis of Different Surgical Techniques.

Il ripristino funzionale dopo la prostatectomia radicale robotica: L’EREZIONE

Per quanto riguarda il ripristino dell’erezione, occorre ricordare che il risparmio dei nervi (tecnica nerve sparing) può essere eseguito solo se la malattia non esce dalla capsula della prostata; infatti, se il tumore è extracapsulare e la dissezione del chirurgo decorre troppo vicino alla capsula per risparmiare i nervi, si corre il rischio di un’“infrazione” all’interno della neoplasia stessa lasciando tessuto tumorale sul margine della dissezione (margine chirurgico positivo).

Come predire quindi, prima dell’intervento, il rischio che il tumore della prostata ne superi la capsula?

Il PRECE è un modello predittivo (nomogramma) che si basa su informazioni semplici relative al paziente (età, PSA) ed alla sua malattia (dati relativi alla biopsia prostatica come il Gleason score); inserendo questi dati, il PRECE fornisce la percentuale di rischio che il tumore esca dalla capsula e l’esatta entità dell’estensione extracapsulare (espressa in millimetri).

Questa informazione è di fondamentale importanza per il chirurgo, che manterrà la dissezione alla opportuna distanza dal profilo prostatico, asportando radicalmente la neoplasia e allo stesso tempo conservando al massimo il tessuto funzionale circostante responsabile dell’erezione. Il PRECE è disponibile online (prece.it) ha un’interfaccia grafica di semplice utilizzo che ne consente la compilazione a cura del medico o anche del paziente stesso, in possesso dei dati relativi alla biopsia prostatica.

Il PRECE indica la possibilità di potere effettuare una nerve sparing in base al rischio oncologico e consente il counselling pre-operatorio del paziente calibrando le aspettative riguardo la ripresa della funzione sessuale.

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