1. Che cos’è l’anomalia del giunto pielo-ureterale
Il restringimento del giunto pielo-ureterale, il punto di connessione tra la pelvi renale (bacinetto) e l’uretere, noto come stenosi, impedisce il normale flusso urinario, causando l’accumulo di urina. Questo accumulo porta alla dilatazione delle cavità escretrici che, se non diagnosticata e trattata in tempo, può danneggiare progressivamente il parenchima renale, fino a compromettere la funzione renale in modo irreversibile. La correzione chirurgica, in particolare quella mininvasiva, come la laparoscopia robot-assistita, consente di risolvere l’ostruzione e preservare la funzionalità renale.
2. Quali sono le cause ?
Il rene è uno degli organi fondamentali per la filtrazione del sangue, e questa funzione dipende dal corretto funzionamento del parenchima renale. Quando si verifica un’ostruzione della via escretrice, l’urina ristagna, determinando una dilatazione della pelvi e dei calici renali (calico-pielectasia), con conseguente aumento della pressione nelle cavità renali. Questo processo può comprimere il parenchima, compromettendo la sua funzionalità. La sindrome del giunto pielo-ureterale è causata proprio da un restringimento a livello della giunzione tra pelvi renale e uretere.
La stenosi del giunto pielo-ureterale può essere congenita (presente dalla nascita) o acquisita (sviluppata in età adulta). Sebbene la forma congenita sia la più comune, spesso la patologia si manifesta in modo tardivo, rendendo difficile distinguere tra forme congenite non diagnosticate precocemente e forme realmente acquisite.
Le cause dell’ostruzione possono essere di natura intrinseca o estrinseca. Nel caso di una causa intrinseca, la malformazione riguarda direttamente il giunto, che presenta un calibro ridotto. Se la causa è estrinseca, invece, la giunzione viene compressa da vasi sanguigni anomali che attraversano e comprimono l’uretere. In rari casi, specialmente nell’adulto, la compressione può derivare dalla sostituzione del tessuto sano con materiale fibrotico a seguito di infezioni renali ricorrenti, interventi endoscopici o altre patologie.
3. Come si manifesta?
La stenosi del giunto pielo-ureterale è spesso asintomatica per lunghi periodi, evolvendo in modo subdolo fino a quando non si manifestano sintomi associati a gradi avanzati di dilatazione pielo-caliceale. Quando la sintomatologia è presente, il dolore è solitamente dovuto alla distensione della capsula renale e si manifesta sotto forma di coliche renali, dolore addominale diffuso o sensazioni gravative a livello lombare o laterale.
Nei pazienti con anomalia del giunto pielo-ureterale cronica, non diagnosticata in precedenza, l’esordio può manifestarsi con segni di insufficienza renale, come nausea, vomito e talvolta ipertensione. Nei neonati e nei bambini, la malattia può presentarsi con scarsa crescita e diminuito appetito.
4. Come si fa diagnosi?
Poiché spesso asintomatica, la diagnosi di stenosi del giunto pielo-ureterale avviene frequentemente in modo accidentale, durante esami ecografici condotti per altre ragioni. L’introduzione dell’ecografia nei protocolli di screening prenatale ha reso possibile la diagnosi precoce di questa patologia congenita.
Negli adulti, dopo aver identificato una dilatazione del bacinetto renale, si effettuano ulteriori indagini per valutare la gravità dell’ostruzione. Se la funzionalità renale è intatta, si procede con una TAC con pose urografiche (che ha sostituito l’urografia endovenosa) per studiare la morfologia delle vie urinarie e per escludere altre possibili cause. Un altro esame importante è la scintigrafia renale sequenziale, che misura la funzionalità renale di ciascun rene e valuta l’entità dell’ostruzione al deflusso urinario.
5. Come si tratta?
L’indicazione all’intervento chirurgico si basa su sintomi legati all’ostruzione, come dolore cronico resistente ai farmaci, infezioni urinarie ricorrenti non trattabili con antibiotici o la riduzione della funzionalità renale. L’obiettivo dell’intervento è risolvere l’ostruzione, preservare la funzionalità renale e migliorare i sintomi.
Il trattamento può essere chirurgico o interventistico, con l’obiettivo di “allargare” il punto di stenosi e consentire il normale flusso urinario. Le tecniche interventistiche comprendono dilatazioni progressive o incisioni endoscopiche, che, seppur mininvasive, sono risolutive solo in una piccola percentuale di casi e presentano un alto rischio di recidiva.
La pieloplastica chirurgica, che prevede la resezione della porzione ristretta del giunto e la sua ricostruzione, è il trattamento di scelta. L’approccio tradizionale “a cielo aperto” è ormai raramente utilizzato, in favore di tecniche mininvasive, come la laparoscopia tradizionale o robot-assistita. Durante l’intervento, il chirurgo rimuove il tratto di giunzione stenotico e sutura le porzioni di pelvi renale e uretere per ripristinare il normale flusso urinario. Se l’ostruzione è causata da vasi anomali, questi vengono separati dalla giunzione e riposizionati. Un catetere ureterale (stent “a doppio J”) viene inserito per proteggere la via urinaria e favorire la guarigione. Lo stent viene generalmente rimosso dopo circa 4 settimane.
La pieloplastica ha una percentuale di successo superiore al 95%, senza necessità di ulteriori trattamenti. L’intervento viene eseguito sotto anestesia generale.
L’approccio laparoscopico, che simula fedelmente i passaggi della chirurgia a cielo aperto con risultati simili, offre il vantaggio di una minore invasività. L’uso della tecnologia robotica migliora ulteriormente la precisione degli interventi grazie alla visione tridimensionale e alla capacità di eseguire movimenti minimi, ottimizzando i risultati per il chirurgo e per il paziente.
Nel caso di recidive, la possibilità di eseguire un secondo intervento mininvasivo diminuisce, in particolare se si utilizza un approccio laparoscopico puro, a causa delle aderenze formatesi dopo l’intervento precedente o a causa di infiammazioni croniche.